È arrivata la sentenza definitiva sul ricorso presentato alla Corte di Strasburgo dall’emittente Europa 7 contro l’Italia. Francesco Di Stefano, proprietario dell’emittente, ha chiesto ai giudici europei di riconoscergli un indennizzo pari a due miliardi di euro per non aver potuto trasmettere per anni nonostante avesse delle frequenze assegnate. La questione è passata prima davanti al Consiglio di Stato. Il 16 Dicembre 2008, si è tenuta l’udienza davanti in cui le parti hanno presentato le loro valutazioni: da una parte i legali di Europa7, rappresentati da Ottavio Grandinetti e Alessandro Pace, che hanno ribadito l’insufficienza tecnica delle frequenze assegnate dal Ministero e il risarcimento. Dall’altra parte l’Avvocatura dello stato nominata dal governo, rappresentata da Maurizio di Carlo, che ha sostenuto che il ricorso è inammissibile. La sentenza depositata, se da una parte sembra accogliere le ragioni dell’emittente, riconoscendo, in modo formale, la lesione dei diritti e condannando lo Stato italiano al pagamento di una multa, dall’altro lato riconosce un risarcimento, per la mancata assegnazione delle frequenze, di soli un milione e 41 mila euro, a fronte dei 3,5 miliardi di euro chiesti da Di Stefano.
Con la sentenza resa nota oggi, la Corte europea dei diritti umani dà ragione a Francesco Di Stefano riconoscendogli 10 milioni di euro per danni materiali e morali. Secondo la Corte, nel non assegnare le frequenze a Europa 7 le autorità italiane non hanno rispettato «l’obbligo prescritto dalla Convenzione europea dei diritti umani di mettere in atto un quadro legislativo e amministrativo per garantire l’effettivo pluralismo dei media». L’Italia è stata quindi condannata per aver violato il diritto alla libertà d’espressione. All’emittente televisiva è stato quindi riconosciuto il diritto a un risarcimento di 10 milioni di euro per danni morali e di 100 mila euro per le spese legali sostenute per presentare il ricorso a Strasburgo.