La vita dei professionisti ai tempi della crisi non è di certo rosea: crolla il volume d’affari degli studi più piccoli, cessano in continuazione le partite Iva, mentre la riscossione dei crediti è diventata molto più simile ad una corsa ad ostacoli. E’ quanto emerge da un’indagine presentata dalla “Rete delle professioni”, in collaborazione con l’Unione Italiana dei Commercialisti (Unico), sui lavoratori iscritti agli ordini (avvocati, architetti, notai, psicologi e così via, esclusi i medici).
La fotografia scattata rispecchia, di fatto,le ultime stime delle associazioni di categoria secondo le quali il fatturato complessivo delle professioni ordinistiche è diminuito in media del 40%. Dati allarmanti, soprattutto per fette di mercato che negli anni hanno assunto un ruolo importante all’interno del sistema economico e sociale dell’Italia. Basti pensare che nel 2010 gli oltre2 milioni di iscritti agli albi professionali incidevano sul 15,1% del Pil nazionale, muovevano un volume d’affari complessivo di circa 196miliardi di euro e producevano un valore aggiunto di 80 miliardi. All’Agenzia delle Entrate risulta inoltre che a dichiarare più di 150 mila euro pro capite nel 2010 erano proprio i lavoratori autonomi, tra cui i liberi professionisti.
Secondo l’indagine della Rete delle professioni e di Unico i principali datori di lavoro, nell’ambito dell’intero comparto professionale, sono proprio i commercialisti, i revisori e i consulenti del lavoro. Eppure, anche per loro le difficoltà non mancano. «Le professioni stanno subendo pesantemente la crisi finanziaria da oltre due anni – spiega Marina Calderone Presidente del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro – II fatturato degli studi è in calo anche, e soprattutto, per il ritardo dei pagamenti delle fatture da parte dei clienti e della pubblica amministrazione. E questo ritardo, che arriva anche a toccare i 9 mesi, influisce negativamente sul comparto delle professioni, soprattutto peri piccoli studi e per i giovani professionisti».
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