Si prevede un clima incandescente, oggi, alla Camera. Riprende, infatti, l’esame del decreto legge di recepimento delle sentenze della Ue, contenente l’emendamento del governo che proroga l’assegnazione delle frequenze in attesa del digitale terrestre.
Ieri si è tenuto un incontro, chiesto dai gruppi dell’opposizione ai rappresentanti del governo, nella figura del sottosegretario Paolo Romani, sul detto provvedimento (ribattezzato “salva Rete4”) alla commissione Trasporti di Montecitorio. Le dichiarazioni rilasciate al termine dell’incontro, dalle rispettive parti politiche, fanno presagire un acceso dibattito anche per oggi. “Il blitz del governo è confermato, proseguiremo l’ostruzionismo”, ha affermato il ministro ombra delle Telecomunicazioni, Giovanna Melandri, “Rimane il contrasto di fondo e faremo opposizione con tutti gli strumenti che i regolamenti parlamentari ci consentono”. Da parte sua, il sottosegretario alle Telecomunicazioni, Paolo Romani, assicura che “L’emendamento resta”. Poi aggiunge: “Spero che comunque la discussione prosegua, la lettura maliziosa che è stata data al provvedimento non ha ragione di essere, è diventata una battaglia più politica che nel merito”.
L’esigenza di approvare l’emendamento e di farlo in tempi brevi, deriva dalla necessità dello Stato italiano di rispondere alle obiezioni mosse dall’Europa alla legislazione italiana sul tema della distribuzione delle frequenze tv. Le contestazioni dell’Ue si sostanziano in due provvedimenti: la sentenza della Corte di giustizia europea del 31-1-2008 e l’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia nel luglio 2006. Ma andiamo con ordine.
Riguardo alla procedura di infrazione, nel parere motivato inviato a Roma, il 18 luglio 2007, da parte del Commissario per la concorrenza Neeline Kroes, si ribadisce la contestazione di alcune parti della legge Gasparri, in particolare la disciplina del titolo della licenza per la fornitura di servizi nel settore delle trasmissioni televisive.
Tale regime non risulta conforme a quanto stabilito dalla direttiva europea (n. 2002/20/CE) che prevede, per l’attività di fornitura di reti di comunicazione elettronica o di servizi di comunicazione elettronica il regime dell’autorizzazione generale. In base al quale, all’impresa interessata può essere imposto l’obbligo di notifica, ma non l’obbligo di ottenere una decisione esplicita o qualunque altro atto amministrativo, da parte dell’autorità nazionale di regolamentazione, prima di esercitare i diritti che derivano dall’autorizzazione.
Nel sistema italiano, creato, prima, dalla legge n. 66/01 e perpetuato dalla legge Gasparri, invece, l’accesso al sistema digitale resta possibile esclusivamente agli operatori in possesso già di una concessione, chiudendo, di fatto, il mercato del digitale ai soggetti privi di frequenze analogiche. Secondo la Commissione: “La legge Gasparri può, realmente, precludere l’accesso al digitale terrestre agli operatori che, attualmente, non sono attivi nel campo delle trasmissioni analogiche, impedendo loro di sperimentare le nuove tecnologie e di creare dei propri network digitali. La Gasparri, premette, agli operatori attivi nell’analogico, di acquisire più frequenze di quelle delle quali avrebbero bisogno. In questo modo, gli operatori dominanti continueranno a mantenere un controllo sulle frequenze e sulle reti per le trasmissioni analogiche, fino al momento del passaggio al digitale terrestre, privando gli operatori concorrenti di beneficiare delle nuove tecnologie”.
L’emendamento del Governo si conforma alla direttiva europea introducendo il sistema dell’autorizzazione generale. Gli altri punti rilevanti dell’emendamento sono:
– l’attribuzione al Ministero dello sviluppo economico (nel cui ambito opera il Sottosegretario alle comunicazioni), d’intesa con l’Autorità, la competenza a emanare, entro 3 mesi, il programma di attuazione della pianificazione televisiva in digitale terrestre, indicando le aree territoriali interessate e le rispettive scadenze;
– vengono “legificate” le procedure adottate dall’Autorità per l’assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze in Sardegna;
– sono previste norme sulle interruzioni pubblicitarie delle opere teatrali, liriche e musicali e una rimodulazione delle disposizioni sanzionatorie di competenza dell’Autorità, a seguito di una richiesta comunitaria che ritiene troppo blando e poco efficace il nostro sistema. Tra queste sono da segnalare la soppressione delle procedure che prevedono l’erogazione di una sanzione per determinate violazioni, solo dopo la diffida e la possibilità di pagare in misura ridotta;
– vengono inasprite alcune sanzioni per specifiche violazioni, tra le quali quelle relative al mancato rispetto degli obblighi di riserva della pubblicità delle amministrazioni pubbliche anche se gestita da agenzie pubblicitarie o centri media, mentre vengono mantenute le riduzioni in favore delle emittenti locali;
– ritornando alle frequenze televisive: viene stabilito, inoltre, che chi ne ha titolo possa continuare a trasmettere fino allo “switch off”, cioè al termine previsto per il passaggio definitivo al digitale terrestre (2012). Ed è proprio questo il punto più controverso, ribattezzato dal centrosinistra “emendamento salva Rete4”.
Per capire la questione bisogna partire dal 1999, quando, in applicazione al dettato della legge n. 249, vengono messe all’asta le frequenze. Tra i vincitori della gara vi è Francesco Di Stefano, patron dell’emittente Europa7, che ottiene le concessioni per trasmettere ma, di fatto, ciò gli viene impedito perché le frequenze sono occupate da Rete 4, che non ha vinto la gara.
Sulla questione è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale (n. 466 del 2002) che ha stabilito l’obbligo, per Rete 4, di passare sul satellite, dal 2004, liberando le frequenze analogiche terrestri a favore di Europa 7. Tuttavia, le varie proroghe che si sono succedute nel tempo, hanno permesso a Rete 4 di restare al suo posto. Ultima, in ordine di tempo, quella prevista dall’emendamento presentato dal governo lo scorso 21 maggio.
Ma il vero nodo della questione è la sentenza emessa dalla Corte di giustizia europea il 31-1-2008. La sentenza europea è una pronuncia giudiziale, richiesta dal nostro Consiglio di Stato, che chiede se la normativa italiana, in particolare la legge Gasparri, sia in contrasto con le direttive comunitarie: “E’ in contrasto”, risponde la Corte. Adesso la questione passa al Consiglio di Stato, il quale, entro luglio, deve decidere cosa fare sul caso Europa7: può decidere di risarcire Francesco di Stefano e, in questo caso, pagherà lo Stato, ovvero noi cittadini, così come può decidere di mettere in causa lo Stato per far avere le frequenze a Europa7. E questa volta non c’è appello. Che fine farà allora Rete 4? Non sarà servito a nulla l’emendamento del Governo? E’ ancora tutto da vedere.
Fabiana Cammarano