La Corte di Cassazione civile, Sezione lavoro, con la sentenza n. 17723 del 28 agosto scorso ha specificato che «costituisce attività giornalistica – presupposta, ma non definita dalla legge 3 febbraio 1963, n. 69, sull’ordinamento della professione di giornalista – la prestazione di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie volte a formare oggetto di comunicazione interpersonale attraverso gli organi di informazione, ponendosi il giornalista quale mediatore intellettuale tra il fatto e la diffusione della conoscenza di esso, con il compito di acquisire la conoscenza dell’evento, valutarne la rilevanza in relazione ai destinatari e confezionare il messaggio con apporto soggettivo e creativo; assume inoltre rilievo, a tal fine, la continuità o periodicità del servizio, del programma o della testata nel cui ambito il lavoro è utilizzato, nonché l’inserimento continuativo del lavoratore nell’organizzazione dell’impresa».
In applicazione dell’anzidetto principio, si è ritenuto che l’attività svolta per conto di un’emittente radiofonica locale, e consistente nella raccolta delle notizie pubblicate dai notiziari Ansa o del Televideo, nella scelta di quelle ritenute più importanti, nella possibilità di apportarvi alcune modifiche e nella lettura del testo così predisposto data nel corso di una trasmissione radiofonica, avesse determinato la sussistenza di un rapporto di lavoro di natura giornalistica corrispondente alla qualifica di redattore.