Secondo il New York Times la casa di Cupertino è formidabile nel dirottare e occultare i propri straordinari profitti allo scopo di pagare meno tasse della stragrande maggioranza delle corporation americane. Un’abilità che, secondo stime di un ex economista del dipartimento del Tesoro Usa citato dal quotidiano newyorchese, ha consentito ad Apple di risparmiare, solo lo scorso anno, l’astronomica cifra di 2,4 miliardi di dollari di tasse federali. Una montagna di denaro che nel 2011 ha permesso alla società fondata nel 1976 da Steve Jobs e Steve Wozniak di cavarsela a livello mondiale con un’aliquota fiscale media del 9,8%, contro il 24,4% pagato dal colosso dei supermercati Wal-Mart, un’azienda con circa un quinto degli utili della casa che produce l’iPhone e l’iPad.
Dietro questi straordinari risultati c’è una fitta rete di società domiciliate in località le più disparate, dal Nevada all’Irlanda, dai Paesi bassi alle Isole Vergini britanniche, che consente di dirottare gli utili fatti in giro per il mondo dalle varie linee di business di Apple verso quei paesi dove la tassazione è più bassa. Indipendentemente dal fatto che la presenza della società californiana nelle località dove paga (o più spesso non paga) le tasse sia spesso minima: talvolta un piccolo ufficio amministrativo, talaltra poco più di una cassetta postale.
Incanalando i profitti verso località come per esempio Reno, in Nevada, dove le imprese non sono tenute a pagare alcuna tassa né sugli utili né sui capital gain. Il posto ideale per reinvestire a costo zero i profitti accumulati ai quattro angoli del pianeta a danno della California, lo stato dove ha sede la Apple. Quello che, paradossalmente, dal 1996 a oggi ha offerto alla casa di Cupertino 412 milioni di dollari di esenzioni fiscali per consentirgli di finanziare le proprie attività di ricerca e sviluppo.