Si deciderà tutto dopo le elezioni amministrative: i meccanismi di nomina, la governance e anche i giornalisti. A mente fredda i calcoli riescono meglio.
Il Pd vuole assolutamente cambiare la Gasparri per porre freno alla sfrenata lottizzazione. Ecco appunto, la lottizzazione, se ne parla tanto, ma cerchiamo di capirne di più.
Prima Comunicazione ha stillato un elenco dei 155 manager della tv pubblica per capire a quale fazione politica appartengono.
Ecco i risultati: al primo posto il Pdl, con 59 esponenti; 48 per il Pd; 8 alla Lega; 10 al Terzo Polo che, ricordiamo, comprende Udc e Fli.
E poi ci sono i “tecnici” (tra cui c’è anche il dg Lorenza Lei), quelli che per definizione non appartengono a nessun partito. Tale “isolamento” è solo teorico. Anche i tecnici hanno un cuore politico.
Dunque, tirando le somme, i democratici hanno ragione: la Rai è appannaggio del centrodestra che ha ben 11 esponenti in più. Potremmo dire che con l’attuale sistema di nomine il servizio pubblico diventa, inesorabilmente, lo specchio fedele del Parlamento.
Se la maggioranza è del centrodestra, e lo è stata negli ultimi anni, allora la tv pubblica sarà infarcita dei suoi esponenti. Probabilmente il centrosinistra avrebbe fatto lo stesso. In fondo è la legge Gasparri che prevede tale spartizione. Se si vuole una Rai libera dai partiti bisogna risolvere il problema alla radice.
Dopo il voto di maggio dovrebbe iniziare la “corsa al riposizionamento”. Ognuno cercherà di tenersi ben stretta la propria poltrona. Magari anche a costo di indossare una casacca nuova, quella del vincitore ovviamente.
Tutto si trasforma, ma nulla cambia.
Egidio Negri