Sembra destinato ad essere respinto il pressing del Pd, aperto ufficialmente da Giovanna Melandri che definisce il cambiamento dei criteri di nomina del Cda Rai “un primo banco di prova” della volontà di dialogare da parte del Governo. Il neosegretario alle Comunicazioni, Paolo Romani, ha affermato, infatti, che la Gasparri (“un testo che ho pienamente condiviso, da relatore in Commissione alla Camera, condividendone in modo particolare proprio i meccanismi di nomina del Cda”) non va toccata, soprattutto di fronte alla scadenza del Cda fissata per il 31 maggio.
Ma il centro della discussione, nelle ultime ore, si è spostato sulla nomina della Commissione di Vigilanza. Questo, infatti, è un passaggio prioritario per sciogliere il nodo dei vertici Rai. Secondo la Gasparri, sette consiglieri sono nominati dalla Commissione di Vigilanza, mentre il presidente ed il nono consigliere sono indicati dall’azionista e cioè dal Tesoro.
Ma se non va il dialogo tra centro destra e centro sinistra anche nel Pd ci sono alcuni problemi, dopo i toni duri di Di Pietro a commento delle polemiche suscitate dall’intervento di Travaglio a “Che tempo che fa”: “Bavaglio all’informazione e bavaglio alla giustizia, sono questi i fatti tangibili del Governo del centro-destra, a cui fa sponda un tacito consenso di questa finta opposizione”. Sembra, dunque, allontanarsi l’ipotesi di un’ampia convergenza su un candidato dell’Idv (Leoluca Orlando o Beppe Giulietti) alla guida della Commissione. L’alternativa sarebbe un nome interno al Partito democratico, con in pista la stessa Giovanna Melandri e in subordine Marco Follini e Paolo Gentiloni. Ma Veltroni ribadisce l’intenzione di far sì che la presidenza della commissione vada ad un uomo di Di Pietro.
Fabiana Cammarano