LA7 SENTE NOSTALGIA DI BERLUSCONI?

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La7 perde ascolti. Il tg “prodigio” di Mentana è calato dal 10 al 6%. «I talk show non spiegano un tubo di niente». Giornalisti e conduttori sarebbero come «giapponesi che combattono una guerra finita». Libero descrive «flop del terzo polo tv» che avrebbe speculato sulla crisi del berlusconismo. «Dobbiamo sopravvivere alle nostre abitudini, inventare nuove forme di narrazione», aveva affermato, appena lunedì scorso, Mentana in un’intervista a La Repubblica.
Qualche giorno prima Angelo Guglielmi, ex direttore di Rai3, sempre tramite il quotidiano di Ezio Mauro, aveva eletto il notiziario di La7 a modello virtuoso: «un notiziario di racconto che spiega l’Italia».
Forse lo è stato, ma ora non più. È questa l’opinione di Gianpaolo Pansa, giornalista di Libero.
Pansa sostiene che Mentana abbia costruito le sue fortune sul declino Berlusconiano, «come sparare sulla Croce rossa senza ambulanze, senza benzina, senza un pilota meno scombinato del Cavaliere».
Insomma il conduttore del Tg di La7 avrebbe infierito «contro un avversario alle corde» raccogliendo facili applausi e soprattutto proficui ascolti.
Con Monti è “finita la pacchia”. Pansa scrive che con l’avvento del governo tecnico Mentana non è stato in grado di seguire una precisa linea editoriale, barcamenandosi tra compromessi vaghi e politicamente, o forse “tecnicamente”, corretti.
Il tg, che era di assalto, ha perso mordente e ha evidenziato una «pigrizia menatale», stigmatizzata dallo stesso Mentana. Risultato? Il tg non approfondisce gli argomenti che interessano agli italiani e di conseguenza perde ascolti.
Non sarebbe solo il notiziario della prima serata a soffrire della mancanza dell’ex premier, ma anche il corposo corredo di talk show più o meno politicizzati. Pansa li accusa di una sorta di «orrida faziosità» che non spiegano niente.
Nessuna “stella” è esclusa dall’invettiva. Gruber, Guzzanti, Dandini, Bignardi, Lerner, Formigli, Telese, Porro sarebbero come «giapponesi dispersi nella giungla incapaci di capire che la guerra è finita».
Il giornalista di Libero invita l’ad di Telecom Italia Media , Giovanni Stella, a obbligare conduttori e autori a «tornare sull’unica strada percorribile»: raccontare e spiegare l’Italia che cambia (o che non cambia).
C’è da precisare che non stato solo il quotidiano di Belpietro a evidenziare un’informazione appiattita sull’anti berlusconismo.
«La cricca del fango. Gli ossessionati dall’ex premier», scriveva qualche giorno fa Alessandro Sallusti su Il Giornale.
«È finita la rendita di posizione delle invettive al Caimano. Adesso è il giornalismo a dover fare un corso di aggiornamento», si leggeva su Italia Oggi.
Come uscire da tale palude? Il consiglio di Pansa è “banale”: «l’informazione deve essere all’altezza della crisi» accettando il confronto aperto e libero da vecchi schemi.
Egidio Negri

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