Pd, Idv e Terzo Polo a favore di un commissario “taumaturgo”. Il Pdl si arrocca. Continua la “guerra fredda”. Possibile una proroga “fisiologica” fino a maggio per rimandare la questione a dopo le elezioni amministrative.
L’ipotesi commissario si fa strada. All’inizio era voluto solo dal Pd e dall’Idv. Dopo l’esternazione di Fini, avvenuta domenica, si sono aggiunti, a sorpresa, il Fli e l’Udc. Un ripensamento inatteso.
Secondo Stefano Folli, giornalista de Il Sole 24 Ore, il Terzo Polo è stato “fulminato” sulla via da Damasco a causa di complicati accordi per le elezioni amministrative a Palermo. Tanto per non farci mancare la vecchia influenza dei partiti sulla tv pubblica.
Sta di fatto che il bilancio della Rai è in positivo di qualche milione di euro, almeno formalmente. Dunque il commissariamento non è contemplato dal Codice civile, né tantomeno è previsto dalla Gasparri. Un’azienda, a prevalente partecipazione pubblica, può essere commissariata, solo se per tre anni di seguito va in deficit. Eventualità non verificata.
A questo punto ci vorrebbe un atto di forza del premier. Monti, pur essendo “tecnico”, deve comunque fare i conti con il Parlamento dove si scontrerebbe con l’ex maggioranza. La Rai non è competenza del governo, la legge Gasparri non si tocca. Due affermazioni del Pdl che alzano un muro.
Anche la Lega è uscita dal letargo ricompattandosi con i vecchi alleati del Pdl. Per il Carroccio il commissariamento sarebbe «l’ultimo atto di un colpo di Stato strisciante».
Dunque Pdl e Lega da una parte. Pd e Terzo Polo dall’altra. Schieramenti da “guerra fredda”.
Monti ha provato anche a mediare. Il premier avrebbe già proposto una mini-riforma: cda con 5 consiglieri e un dg (o un amministratore delegato) con ampi poteri. Nulla di fatto.
«Se vogliono cambiare la governance vengano in Parlamento con una legge e trovino i voti». Sarebbe questa la posizione di Berlusconi.
Alfano precisa il concetto e rimanda al Pd velleità di lottizzazione: «C’è una legge vigente e siamo contro i partiti che vogliono mettere le mani sulla Rai». Va ancora oltre Gasparri che definisce così i detrattori della sua legge: «ossessionati dall’occupazione della tv pubblica».
Non manca la reazione indignata di Bersani: «sentirsi dire che vogliamo mettere le mani sulla Rai è scandaloso, da mesi diciamo che i partiti devono lasciarla».
Ancora veti, liti che di certo non fanno bene all’azienda di Viale Mazzini.
Paolo Gentiloni, Pd, fu facile profeta immaginando un tale stallo. L’ex ministro delle Comunicazioni sarebbe propenso ad un «intervento limitato e di emergenza per modificare la composizione del cda i poteri del dg in modo da porre fine alla crisi della Rai». Utopia.
A questo punto, nell’attuale selva di veti incrociati, l’ipotesi più probabile è la proroga dell’attuale cda. All’elezione di uno nuovo parteciperebbero solo il Pdl e la Lega. Senza Pd e Terzo Polo non ci sarebbe il numero legale. Inoltre è consuetudine non procedere ad elezioni in assenza della controparte.
C’è da precisare che l’attuale cda, pur scadendo formalmente il 28 marzo, dovrà approvare il bilancio. Tale impegno richiederà qualche settimana. Il consiglio scivolerebbe a maggio anche senza una proroga formale. In tale mese ci sono le elezioni amministrative. Dunque la riforma Rai potrebbe essere anche rimandata, sperando che dopo il voto i partiti siano più “rilassati” e propensi al dialogo.
Inoltre il 20 aprile scade la sospensione del beuaty contest. Anche la gara per l’assegnazione delle frequenze potrebbe essere un discriminante notevole. In molto pensano che Berlusconi e i suoi potrebbero cedere qualcosa in Rai in cambio delle frequenze gratis. Il governo non può che smentire: «chi parla di scambi tra Rai e frequenze e fuori strada».
Non ci resta che aspettare.
Egidio Negri