Con la sentenza n. 181 del 2 marzo scorso il Tar del Lazio ha precisato che l’abrogazione dei regolamenti e degli strumenti programmatori non rientra nella competenza della giunta municipale, nemmeno se gli stessi sono da ritenersi in contrasto con la normativa sopravvenuta. Dunque, il sistema autorizzatorio basato su una pianificazione delle edicole previsto dal decreto legislativo 170/2001 è da considerarsi tuttora in vigore anche se lo stesso pone problemi di compatibilità con il principio della tutela della concorrenza.
In questo modo il Tar Lazio ha accolto il ricorso di un gruppo di edicolanti di Gaeta che hanno impugnato il provvedimento dell’esecutivo del comune laziale. La giunta municipale
aveva preso atto dell’avvenuta liberalizzazione del settore della vendita di quotidiani e periodici e, quindi, nel presupposto che tale attività non sia più soggetta a limitazioni, quali contingenti numerici o distanze minime, ha stabilito che essa possa essere svolta in base a dichiarazione di inizio attività (ora Scia), disponendo nel contempo l’abrogazione
di ogni preesistente normativa comunale connessa al settore.
Secondo il giudice la delibera esula dai poteri della giunta comunale, e la vendita
dei quotidiani e periodici non può essere ricondotta
all’articolo 3 del dl 223/2006 che, per individuare
l’ambito di liberalizzazione da esso introdotto, ha
fatto riferimento alle attività commerciali come individuate
dal dlgs 114/1998, ovvero dalla legge di
riforma del commercio. Ciò in quanto la sottrazione del settore editoriale dall’ambito del commercio in senso stretto è stata espressamente prevista dal dlgs 170/2001.
la pronuncia però si pone in netto contrasto con quella recentemente espressa dal Tar
Veneto. Quest’ultimo, infatti, con la sentenza 184 del 7 febbraio ha affermato il divieto di ogni restrizione. Ciò
a seguito del principio posto dal
decreto Bersani (223/2006) che
è poi stato confermato in ambito
europeo dalla direttiva 2006/123/Ce, relativa ai servizi nel mercato
interno, in attuazione del
Trattato Ce, e in particolare
dell`art. 3 e dell`art. 49 del Trattato
Ce. Gli stessi principi sono stati da ultimo confermati dal decreto legge 201 del
2011 convertito dalla legge n. 214 del 2011, il cui art.
31 stabilisce che, secondo la disciplina dell’Unione
europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà
di stabilimento e libera prestazione di servizi,
costituisce principio generale dell’ordinamento
nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi
commerciali sul territorio senza contingenti, limiti
territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura,
esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei
lavoratori, dell`ambiente e dei beni culturali.