Da 200 a 6 mila euro come se niente fosse. Questo è quanto dovranno pagare aziende, liberi professionisti e imprenditori per il mero possesso di un apparecchio ricevente.
È veramente difficile per i diretti interessati accettare la novità concertata dal Governo (e Viale Mazzini?). Ecco che monta, inevitabile, la protesta che ha come epicentro la Toscana, ma è destinata ad espandersi in tutto il territorio.
Per la Confesercenti di Firenze si tratta di una norma assurda, sommaria, anacronistica che aggrava la difficile situazione delle imprese.
«Ancora assurdi “balzelli”: come se non bastassero quelli che già ci sono! È vero che la crisi impone di raschiare il barile, ma da qui a sfiorare il ridicolo il passo è breve. Si tratta del canone fissato dalla legge 246 del 1938 che ne impone il pagamento a chiunque possieda apparecchi “atti o adattabili” alla ricezione delle trasmissioni radiotelevisive, al di fuori dell’ambito familiare. Una dizione che, com’è facile intuire, grazie agli sviluppi registrati a livello tecnologico (computer, telefonia, ecc.) riguarda la quasi totalità delle imprese. Imprese che, è bene ricordarlo, usano computer e telefoni per esigenze di lavoro e non per sollazzarsi con le trasmissioni di mamma Rai. Sarebbe opportuno modificare una norma vetusta e iniqua, emanata in pieno regime fascista, quando l’obbligo di pagare un canone per apparecchi radiotrasmittenti aveva anche funzioni di controllo di polizia sulla circolazione delle informazioni». Lo ha dichiarato la Confesercenti che invita il Governo a «una completa revisione della norma, con l’introduzione di strumenti che permettano di identificare chiaramente chi usufruisce del servizio obbligandolo, in tal caso, a pagare».
Si unisce al coro anche l’Associazione dei diritti degli utenti e dei consumatori. L’Aduc ha provato a saperne di più, ma non ha ottenuto altro che uno “scarica barile”. Neanche la stessa Rai, l’Agenzia delle Entrate e il Ministero delle Comunicazioni hanno saputo dare spiegazioni esaurienti.
«Il computer è soggetto al pagamento del canone Rai? L’annosa questione è stata oggetto di nostri quesiti alla Rai, interpelli all’Agenzia delle Entrate e di interrogazioni parlamentari al ministero delle Comunicazioni (ora Sviluppo economico), ma mai è stata fornita una risposta in tal senso. La Rai ci ha infatti risposto di non sapere se il pc era soggetto al canone e che avremmo dovuto chiederlo all’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, deputata alla riscossione di questa tassa, ha risposto di non saper rispondere e di aver girato il quesito al Ministero delle Comunicazioni. Ad oggi non ci risulta che il Ministero abbia preso decisioni in merito». Lo ha dichiarato l’Aduc che conclude il comunicato con una domanda audace, ma lecita: «la Rai ha ricevuto indicazioni in tal senso dal Ministero, oppure sta solo cercando di indurre con l’inganno a pagare anche quando non si deve?».
Intanto se il marchingegno funzionerà la coppia Stato-Rai guadagnerà, secondo l’Aduc, oltre un miliardo di euro. Chiamali scemi!
Egidio Negri