Il provvedimento per risarcire le emittenti locali che hanno avuto assegnati le frequenze vendute all’asta alle telecom sarà certamente impugnato.
– La questione della LCN, dopo l’ennesimo stop salva-Agcom del Consiglio di Stato resta apertissima in attesa del merito. Se le motivazioni del Tar Lazio venissero accolte, le tv nazionali minori avrebbero nuove opportunità di conquistare ascolti, pur nella disparità di risorse esistenti.
– La conferenza di Ginevra dell’ITU vedrà, tranne sorprese, una decisione europea per vendere almeno la banda 700 mhz, dopo la 800, nel 2015. In Italia, in questa banda non ci sono solo le tv locali ma anche tv nazionali, come il canale 58 che doveva essere assegnato (a Mediaset) con il beauty contest. Cosa farà il Governo a Ginevra? e L’Agcom?
Si rischia un conflitto permanente tra tv e istituzioni, con esiti imprevedibili.
– Impostare un’asta presenta diverse difficoltà sia se riservata agli operatori televisivi, dove, vista la concentrazione esistente, non ci sono incentivi a investire nè per gli incumbent esistenti sia per eventuali niovi entranti, anche dall’estero. Introiti per lo Stato pochi, ben pochi.
-L’obiettivo, dichiarato dalla Ue, ma poi scaduto in una brutta mediazione che ha dato vita al beauty contest, i è quello di aprire il mercato italiano per avere più concorrenza e più pluralismo. Serve più l’antitrust che la gara al miglior offerente per arrivarci o, meglio, sarebbe la condizione per evitare un regalo indifferenziato o un’asta deserta.
L’evoluzione dei media e della comunicazione a livello globale impone un cambiamento, proprop mentre alcuni gruppi, Mediaset e Rai in particolare, presentano diverse criticità, come la pay di Mediaset. Provvedimenti di breve periodo rischiano solo di aumentare la confusione sotto il cielo, mentre le tv locali continuano a perdere colpi, con non poche responsabilità delle proprie associazioni (sopratutto per la non opppsizione alla legge Gasparri, l’appoggio alle prime Conferenze sul digitale terrestre e il tardivo abbandono della Dgtvi) che ora chiamano a raccolta, il 28 febbraio, contro i rischi per il pluralismo – con questa transizione al digitale.