Gli utenti televisivi non si sentono tutelati dall’Agcom. Lo afferma il Consiglio Nazionale degli Utenti della stessa Agcom che «esprime preoccupazione per la delibera n. 296/11/CSP dell’Agcom del 17 novembre, che archivia il procedimento n. 2316 nei confronti delle Soc. Reti televisive italiane per lo spot della Nodis trasmesso dall’emittente televisiva ITALIA 1». «La preoccupazione del Cnu scaturisce dalla decisione di archiviare e dall’esame delle motivazioni, rese note dopo due mesi rispetto alla data della delibera, che – a giudizio del Cnu – nonsembrano avere fondamento e contrastano con la logica. Che senso ha, infatti, ai fini di escludere la responsabilità rilevare che: a) “lo spot ha breve durata”, b) “lo spot ha avuto una limitata diffusione”, c) “lo spot è andato in onda in orario serale”?
D’altro canto è incomprensibile per il Cnu che l’Autorità, nella delibera, affermi “di poter accogliere le eccezioni rappresentate da RTI (ITALIA1)” che – è bene riportarle – si basano sui seguenti aspetti:
1) distinzione tra bambini e adolescenti: per i primi lo spot è semplicemente privo di qualsiasi significato apprezzabile in quanto non presenta immagini di violenza e di erotismo spinto…
2) lo spot ha un contenuto “palesemente ironico”
3) lo spot “magari offensivo del sentimento religioso” non è lesivo dell’armonico sviluppo psicofisico dei minori.
Il Cnu rileva l’inconsistenza delle eccezioni sollevate dall’emittente ed esprime la propria indignazione e la propria preoccupazione per la decisione dell’Autorità di “accoglierle”, cioè ritenerle valide, ai fini della decisione di archiviazione. Il Cnu, inoltre, rileva che l’Agcom sembra non considerare – nel caso specifico – l’offesa del sentimento religioso (qualunque sia laconfessione) una violazione dei diritti fondamentali e dei principi civili e morali e, quindi, un pericolo fisico e|o morale per gli utenti, in particolare per i minori. Il Cnu manifesta viva preoccupazione perché tale decisione solleva dubbi sulla possibilità degli utenti di essere efficacemente tutelati».
Ma la mancata tutela dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni riguarda anche gli abbonati al servizio pubblico radiotelevisivo. Da un paio di mesi, infatti, la Rai sta martellando gli utenti con gli spot relativi al pagamento del cosiddetto canone. Ma la concessionaria del servizio pubblico deve ancora spiegare – come più volte sollecitato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e dalla Corte dei Conti – «come sono destinate le risorse generate dal pagamento del canone».
A rafforzare il monito di Agcom e della magistratura contabile, sono intervenute anche le norme previste dal Contratto di Servizio 2010/2012 sottoscritto dalla Rai solo nel 2011, ma ancora non applicato. La Rai, infatti, è «tenuta a pubblicare sul proprio sito web il documento, comprensivo dei criteri metodologici, sui conti annuali separati certificati dalla società di revisione scelta, ai sensi dell’articolo 47, comma 2, del Testo Unico, dall’Autorità da cui risulti, sulla base dell’apposito schema approvato dalla medesima Autorità, la destinazione delle risorse pubbliche e, in particolare, a fornire adeguata comunicazione circa i costi afferenti la programmazione televisiva e la programmazione radiofonica rientranti nell’ambito delle attività di servizio pubblico».
Nella presentazione dei palinsesti, inoltre, la Rai è «tenuta ad identificare la programmazione televisiva e radiofonica rientrante nell’ambito dell’attività di servizio pubblico con un colore diverso rispetto agli altri aggregati».
Nonostante la Rai non rispetti gli obblighi previsti dal Contratto di Servizio, gli utenti devono lo stesso provvedere a ripianare i suoi disastrati bilanci.
Remigio Del Grosso (Ex Vice presidente CNU-AGCOM)