In un lungo articolo pubblicato sul sito dell’Ordine dei Giornalisti, il Presidente, Enzo Iacopino, chiarisce cosa c’è di vero in tutte le voci che stanno circolando sulla presunta abolizione dell’ordine e sul futuro dei giornalisti pubblicisti.
Prima di tutto chiarisce la cronostoria legislativa degli ordinamenti professionali:
-Il 13 agosto 2011, l’allora ministro Giulio Tremonti presenta un decreto nel quale si legge: “Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi: ….”.
-Il successivo maxiemendamento, confluito nella legge n.183/2011, prevede che la riforma degli Ordini non avvenga più con legge, ma con “decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi …..”. Resta ferma la data del 13 agosto 2012.
-Il governo Monti modifica ulteriormente la norma, aggiungendo il seguente periodo “e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012”. In sostanza, varato o no il decreto, le normative vigenti sarebbero state abrogate da quella data.
-La Camera (e il Senato conferma) modifica tale norma, inserendo all’articolo 33 un comma 5 bis. Questo: “Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi di cui al comma 5, lettere da a) a g), sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5 e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012”.
Che cosa dicono, in sintesi, le lettere da a) a g) dell’articolo 33 comma 5:
a) L’accesso alle professioni è libero, ci deve essere autonomia e indipendenza di giudizio, non ci può essere numero chiuso o limitazione territoriale per l’attività (tranne eccezioni);
b) Prevede l’obbligo della formazione continua, con conseguenti sanzioni disciplinari a chi si sottrae;
c) è necessario fare un tirocinio (al “tirocinante dovrà essere corrisposto un equo compenso di natura indennitaria”). Il tirocinio non può essere più lungo di 18 mesi;
d) parla del compenso spettante al professionista che deve essere pattuito per iscritto, in base alla complessità dell’incarico;
e) prevede l’obbligo di una assicurazione “a tutela del cliente”;
f) prevede che le funzioni disciplinari vengano, a livello territoriale o nazionale, esercitate da organi diversi rispetto a quelli che hanno funzioni amministrative;
g) rende pienamente libera la pubblicità informativa sulle qualità e i titoli professionali.
Chiarito tutto ciò, è escluso che l’Ordine venga sciolto. «Non c’è nulla – scrive il Presidente dell’Ordine nazionale – nelle norme da a) a g) che lo preveda. Anzi, c’è sostanzialmente confermato che restano in vigore, in assenza del DPR, le normative vigenti ad eccezione di quelle in contrasto con quanto previsto dalle lettere a), b), c), d), e), f), g) del citato articolo 33 comma 5». E per il momento, né Monti, né i suoi ministri hanno cominciato a lavorare al DPR che dovrebbe regolamentare le professioni.
Iacopino precisa anche che: «La legge in vigore prevede l’abrogazione delle norme esistenti solo nelle parti che sono in conflitto con le lettere da a) a g) dell’articolo 33 comma 5. Il legislatore non ha scritto, ad esempio, che vengono abrogate le norme che siano in contrasto con quanto previsto dall’articolo 33 comma 5 fino alla lettera g) compresa. Ma solo con quanto dettato dalle lettere da a) a g).
Il primo capoverso del comma 5, dunque, non è richiamato: era questo che faceva riferimento all’esame di Stato ed è questo che aveva indotto i colleghi pubblicisti ad una ribellione».