ABOLIZIONE ORDINE GIORNALISTI PUBBLICISTI: IL FUTURO INCERTO DEI BLOGGER E L’”ESEMPIO” CONCRETO DEL “CASO RUTA”

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La manovra Salva Italia (art. 3 comma 5 del DL 138/2011) potrebbe sancire dal 13 agosto 2012 la scomparsa dell’ordine dei giornalisti pubblicisti, suscettibili, a partire da quella data, di una denuncia penale per esercizio abusivo della professione (solo) per aver scritto più di 10 articoli all’anno. La norma “Riforma degli ordini professionali” presente nel decreto è in applicazione della direttiva europea sulle professioni regolamentate (2005/36/CE), che impone il superamento di un esame di stato per l’accesso a tutte le professioni intellettuali. Prova che non è contemplata per l’ordine dei pubblicisti.
Ad essere colpiti dal provvedimento circa 80mila rappresentanti della categoria che hanno scelto di non esercitare in maniera “esclusiva” la propria attività di giornalisti oltre a tutti gli aspiranti pubblicisti in procinto di concludere i 24 mesi previsti per il conseguimento del tesserino.
Ma che cosa ne sarà di quella folta schiera di operatori dell’informazione (non professionisti) che si esprimono su internet attraverso blog di informazione civile ed i relativi siti web non registrati in un tribunale? Potranno incorrere anche loro in una denuncia penale? La vicenda del giornalista Carlo Ruta può fungere da esempio per fare maggiore chiarezza.
Il blog di informazione civile, “Accadeinsicilia.net”, curato da Ruta, fu etichettato come “prodotto editoriale” a tutti gli effetti con una sentenza del Tribunale di Modica del 9 maggio 2008 (poi confermata dalla Corte di Appello di Catania il 2 maggio 2011). Un sito online di informazione e documentazione storica e sociale come quello in questione, aggiornato e gestito secondo le logiche proprie di un blog amatoriale, è stato ritenuto dai giudici un periodico di informazione così come descritto dall’art. 2 comma 3 della L. n.62/2001 (Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali).
In quanto amministratore di una testata non regolarmente registrata presso la cancelleria del Tribunale competente per territorio, Carlo Ruta si è visto costretto a pagare una multa di 150euro per il reato di “stampa clandestina” così come disciplinato dagli artt. 2, 5 e 16 della legge sulla Stampa (L. 47/1948). A ciò si aggiunga l’apposizione dei “sigilli” (attiva dal 2004) a tutto il lavoro svolto e pubblicato su internet dallo storico e giornalista ragusano.

Va da se che a partire dal 13 agosto 2012 tutti gli spazi online dedicati all’assidua raccolta, al commento e all’elaborazione critica di notizie di comune interesse, equiparati dai giudici di turno a “prodotti editoriali”, potrebbero essere chiusi perché gestiti da “non” professionisti dell’informazione. E’ un’ipotesi più che plausibile specie se ancora poco chiara è la definizione dell’attività giornalistica sulle piattaforme di distribuzione online.
Numerosi sono i blog gestiti da esperti di settore, nonché giornalisti pubblicisti, i quali si servono di tali spazi non solo come luogo di espressione, di discussione e di informazione indipendente ma anche come strumento di guadagno derivato dalle inserzioni pubblicitarie. Entrate che sono garantite dal traffico e dalla visibilità di un sito web. Definire un blog come prodotto non giornalistico ma comunque suscettibile di denuncia penale (ergo di chiusura preventiva), perché assimilabile ad un prodotto editoriale e per giunta gestito da un “non” giornalista (perché non professionista), renderebbe ancora più difficile l’opportunità di attirare l’interesse degli inserzionisti.
Liberalizzare le professioni e condizionare la concorrenza pubblicitaria su internet, esponendo a rischio chiusura diversi spazi di espressione sul web, possono essere facce della stessa medaglia? Lo scopriremo (forse) tra il 18 ed il 20 gennaio prossimi, periodo in cui è prevista una riunione dell’Ordine dei Giornalisti per stendere una proposta alternativa da presentare al Governo Monti.
Manuela Avino

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