ALLARME CHIUSURA: ECCO LE TESTATE CHE RISCHIAMO DI NON TROVARE PIÙ IN EDICOLA

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L’Editoria Italiana non naviga certo in buone acque negli ultimi tempi e c’è il rischio per molte testate, parecchie storiche, di tirare i remi in barca con conseguente perdita dell’equipaggio, vale a dire la perdita del posto per quanti lavorano nelle redazioni giornalistiche.
Parlando di numeri, sarebbero novanta le testate che rischiano di scomparire entro la fine dell’anno nuovo e quattromila i dipendenti che dal 2012 come diretta conseguenza, rimarrebbero senza lavoro.
L’allarme proviene da Franco Siddi, il segretario generale della Fnsi, che denuncia un progressivo stato di abbandono dell’Editoria nostrana, attraverso un’iniqua distribuzione dei finanziamenti pubblici ed i tagli al settore.
L’appello da parte della Giunta Esecutiva della Federazione della Stampa al neo presidente Mario Monti ed al sottosegretario all’Editoria Carlo Malinconico, è quello di riservare attenzione al comparto dell’Editoria Italiana e di salvaguardare il pluralismo dell’informazione, che allo stato attuale delle cose rischia di scomparire quasi del tutto.
Ma quali sono le testate maggiormente a rischio chiusura?.
Tra queste c’è «L’Unità», quotidiano storico fondato da Gramsci nel 1924, che ha conosciuto momenti di alti e bassi dalla sua fondazione ad oggi.
Dalla privatizzazione nel 1997 ad opera di Giampaolo Angelucci, la chiusura nel 2000, la rilevazione nel 2004 con Antonio Padellaro, fino alla direzione di Concita De Gregorio nel 2008 e il suo abbandono due anni dopo, per arrivare ad oggi in cui il quotidiano è nelle mani di Renato Soru, fondatore di Tiscali.

Ed è proprio dalle parole di Soru che proviene l’allarme della crisi economica del giornale, ai microfoni di Radio 3 dice che il giornale è in un equilibrio precario ed andrebbe molto meglio se avesse una migliore attenzione da parte degli investitori pubblicitari.

L’Unità pagherebbe lo scotto di essere un giornale di partito e non godrebbe dunque di un’adeguata distribuzione, e sopravvive grazie ai finanziamenti pubblici, che lo vedono al primo posto nella classifica dei beneficiari di contributi all’editoria nel 2010.
Nonostante i 6,3 milioni di euro erogati dallo stato al giornale, L’Unità è in perdita di 7 milioni di euro l’anno.

Clima di agitazione si respira anche nelle redazione del quotidiano «La Padania» ,quotidiano fondato nel 1996 da Umberto Bossi che vede i redattori in sciopero delle firme, contro lo spettro del licenziamento.

Leonardo Bollani, a capo della testata, ha presentato a Federico Bricolo, capogruppo Lega al Senato e responsabile della società editrice, un possibile piano di salvataggio editoriale, che contiene i costi e contemporaneamente rilancia il giornale.

La proposta prevederebbe uno snellimento del numero di pagine, ridotte a quattro, riservando invece maggior spazio alla versione on line, più in linea con le nuove esigenze di lettori.

Se il progetto fosse approvato si salverebbero posti di lavoro e si risparmierebbe sull’impiego di carta, ma obiezioni alla proposta giungono dal direttore generale Pier Luigi Arnera.
Nonostante «La Padania» sia per il suo fondatore, Umberto Bossi, uno degli ultimo appigli rimasti per diffondere le sue idee politiche.

Ma le ideologie politiche difficilmente possono colmare i debiti accumulati nel corso degli anni, risultato di sprechi quantificabili per 12mila euro al giorno di contributi statali.
Anche il quotidiano leghista gode infatti dei finanziamenti statali, piazzandosi al quarto posto nella classifica con 3,9 milioni di euro.
Sorte analoga anche per «Il Manifesto», quotidiano di stampo comunista fondato nel 1969, che dal 2008 versa in stato di crisi.

Ma i motivi della crescente crisi del settore editoriale Italiano sono da ricercarsi in parte anche nello squilibrio tra i ricavi derivanti dalle vendite del quotidiano e le inserzioni pubblicitarie, come sostiene un’analisi condotta dal Reuters Institute for the Study of Journalism.
Ciò vale soprattutto, per le testate in cui la vendita di inserzioni pubblicitarie rappresenta la quasi totalità dei ricavi.
Tesi avvalorata dai dati provenienti dall’Osservatorio Stampa FCP che riporta una diminuzione degli spazi pubblicitari del 24,4%, nell’ultimo anno.
Ma quello che urge ora, è un provvedimento d’emergenza e risposte per sviluppo e occupazione, che si auspica provengano quanto prima dalla nuova giunta di governo., all’indomani del decreto Salva – Italia varato da Mario Monti.

Arianna Esposito

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