POLEMICA IN PARLAMENTO: BASTA CON FOTO, ZOOM E TELEOBIETTIVI IN AULA

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Fermare foto, zoom e teleobiettivi nelle tribune
di Palazzo Montecitorio? La questione, sorta dopo le zoommate
sugli appunti dell’ex premier Berlusconi durante il voto
sul rendiconto dello Stato («otto traditori», c’era scritto) e
ripropostasi con il biglietto inviato dal vicesegretario Pd Letta
al premier Mario Monti («come posso esserti utile?»), dovrebbe
essere risolta in una riunione dell’ufficio di presidenza
della Camera.

La questione è stata sollevata da una larga fetta di deputati
stanchi di rivedersi immortalati in pose poco «istituzionali»
mentre sonnecchiano o giocano con l’i-pad o si scambiano
bigliettini. Ma l’accordo sul da farsi, alla Camera, non c’è. Il
deputato questore del Pd Gabriele Albonetti per esempio,
dice no all’oscuramento per i fotografi: basterebbe, sostiene,
una sorta di codice di autoregolamentazione che gli operatori
dei media potrebbero adottare, come già fanno i giornalisti
della stampa parlamentare.

Chi preme per il bavaglio non esce allo scoperto. A parlare
sono solo i contrari: da Enrico Letta, la più recente vittima
eccellente dei teleobiettivi, ad Antonio Di Pietro. «Credo che
le limitazioni ai media nel seguire i lavori dell’Aula non
abbiano alcun senso», rileva Letta, che bolla come «irricevibili»
le proposte di cui si discute in queste ore. «Men che
meno credo – prosegue – che eventuali divieti o bavagli possano
essere lontanamente messi in relazione con il recente
episodio che mi ha visto coinvolto. Questo non può costituire
un alibi per modifiche normative o regolamentari; anzi, ha
dimostrato come in privato si possano dire le stesse cose che
si affermano in pubblico».

Anche Di Pietro non vuole i divieti: «Meglio un Parlamento
trasparente, che sia una casa di vetro per i cittadini, dove
fotografi e giornalisti possono scrutare e lavorare, facendo i
cani da guardia della democrazia», sostiene il leader dell’Idv.
Altrimenti, avverte, la Camera diventerà simile «ad un retrobottega,
a una sagrestia o un luogo dove si scambiano i
pizzini e si fanno gli inciuci».

Sulla vicenda interviene anche il sindacato dei giornalisti,
con un auspicio: «Vogliamo sperare che il Parlamento italiano
si asterrà nelle prossime ore dall’adottare qualsiasi
provvedimento che limiti l’attività dei fotoreporter in servizio
alla Camera e al Senato», si legge in una nota della Fnsi.
(La Gazzetta del Mezzogiorno)

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