É iniziato ieri il Servizio pubblico, si ringraziano i 100 mila sottoscriventi e via.
Una piccola rivoluzione pacifica per rappresentare e dare voce alla vera Italia, ricordando i saggi Biagi, Montanelli e Monicelli. Una scenografia, allestita a Cinecittà, che ricorda un cantiere, omaggio ai lavoratori. Un’informazione libera, non come quella del Tg1 che avrebbe colpevolmente edulcorato una situazione drammatica portando il Paese sull’orlo del baratro. É questo il format annunciato da Santoro che ha sottolineato la colpevole inerzia informativa di Rai e Mediaset.
«Come diavolo è stato possibile che abbiamo scoperto così in ritardo di essere sul baratro finanziario? Un anno fa il New York Times scriveva che dopo la Grecia c’era l’Italia. Se avessimo avuto un sistema pienamente libero avremmo potuto cambiare governo», dichiara Santoro che colpevolizza anche la fiacca reazione dell’opposizione.
La squadra è quella storica: c’è un Vauro- Savonarola indignato che da un simbolico pulpito presenta le sue vignette satiriche, c’è Travaglio con le sue cronache e le inchieste di Ruotolo sui costi della casta.
Notevole la lunga intervista con Lavitola che ci descrive un Berlusconi solo, che non conosce nessuno, che non ha dimestichezza col potere, quasi bisognoso di qualcuno che lo guidi e lo indirizzi verso le persone che contano veramente. Il faccendiere non nasconde la sua passata ambizione politica, osteggiata da Ghedini e Letta, di cui non commenta. Il faccendiere latitante («in un luogo che non si può nominare, ma conosciuto da tutti», afferma Santoro) si improvvisa professore e descrive i flussi di denaro tra il premier, lui stesso e i «pressantissimi e spendaccioni» coniugi Tarantini. Infine, Lavitola dichiara di non volere ritornare in Italia e promette di resistere nella latitanza.
Altri ospiti sono Diego Della Valle e Luigi De Magistris. Per l’imprenditore va fatta la patrimoniale, il sindaco di Napoli esclude l’ipotesi del governo tecnico e, da moderno Masaniello, invita ad una rottura decisa che “scassi la casta” e vada oltre Berlusconi.
Il vero protagonista, in completo stile santoriano, è il pubblico: non solo quello in studio ma anche quello che segue da internet e risponde numeroso ai sondaggi.
In tarda serata c’è poi la piccante intervista a Chiara Danese, costituitati parte civile nel processo sul Rubygate. La ragazza ha raccontato l’atmosfera a luci rosse di Arcore, con barzellette sconce (e poco divertenti), toccate equivoche e tanto imbarazzo.
Alla fine i numeri, tanto amati da Santoro, non hanno deluso, 170 mila “mi piace”, 5 mila commenti, 5 mila che hanno risposto ai sondaggi su Facebook, 120 mila in streaming solo sul sito di Servizio pubblico. Magari, come si augura Santoro, seguiranno il suo esempio altri illustri licenziati come Celentano, Luttazzi e la Dandini. La rivoluzione è davvero iniziata?
Egidio Negri