La seconda Rivoluzione culturale cinese, sancita dal plenum di ottobre del partito comunista, scrive il suo ultimo capitolo.
Messa sotto tutela la “televisione immorale”, accusata di “diffondere i vizi dell’Occidente anche in Oriente”, il potere combatte la battaglia finale contro internet.
Già dal 2008 Pechino ha fatto calare sul web la sua “grande muraglia di fuoco”, un sistema di blocchi che oscura i siti e i contenuti sgraditi alla censura.
Il “Quotidiano del Popolo”, organo ufficiale del partito, pubblica però ora il documento con cui il plenum concluso il 18 ottobre ha varato un piano di controllo e gestione dei social network e dei servizi di messaggeria istantanea.
Il piano anti-internet nelle prossime settimane dovrebbe portare all’obbligo di registrazione di tutti gli internauti cinesi, oltre che a tasse ai locali pubblici dotati wireless, tenuti anche a schedare tutti i clienti.
E’ di fatto un’offensiva contro i microblog, considerati l’arma delle ultime rivoluzioni mediterranee e sfuggita anche in Cina al controllo dello Stato.
(LA REPUBBLICA)