LA LEZIONE DI METROPOLIS E DI GIANCARLO SIANI

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Giancarlo Siani era un giovane napoletano che amava la vita e amava il giornalismo perché gli permetteva di raccontare la verità sulla sua terra, di andare a fondo e denunciare le vicende di criminalità e di camorra. Studiava all’Università e contemporaneamente collaborava con il quotidiano “Il Mattino”, presso la sede distaccata di Castellammare di Stabia.
Quale corrispondente da Torre Annunziata, cittadina di circa 40mila abitanti con una delle più alte densità camorristiche dell’hinterland napoletano poco distante da Castellammare di Stabia, si occupò principalmente di cronaca nera e quindi di camorra, appassionandosi ai rapporti ed alle gerarchie delle famiglie camorristiche che controllavano Torre Annunziata e dintorni. Il suo fervore, i manifesti d’impegno civile e democratico, le inchieste sul contrabbando di sigarette e sull’espansione dell’impero economico della camorra, le infiltrazioni della criminalità nella vita politica, finirono per infastidire i boss locali che lo condannarono a morte. Siani fu ucciso a Napoli, la sera del 23 settembre 1985, sotto casa, nel quartiere residenziale del Vomero, aveva compiuto 26 anni il 19 settembre.
Giancarlo a Napoli e provincia non è stato dimenticato, il 23 settembre del 2004 le Rampe Conte della Cerra (Via Suarez, adiacenze Piazza Immacolata a Napoli) sono state intitolate “Rampe Giancarlo Siani”, mentre il 23 settembre del 2007 gli è stato intitolato il Teatro comunale di Marano. Ma Giancarlo non è stato dimenticato perché ogni giorno, alle falde del Vesuvio, vengono distribuiti quei quotidiani locali che “danno fastidio” a chi contamina la propria terra con la violenza e il terrore e si nasconde dietro il silenzio e l’omertà. Ogni giorno tanti cronisti e giornalisti continuano a lavorare per le redazioni locali e a raccontare la difficile quotidianità dei loro Paesi. Come i giornalisti di Metropolis, il giornale che ieri è “sparito” dalle edicole stabiesi perché riportava una notizia non gradita alla famiglia del boss pentito Salvatore Belviso.
Il fondo all’editoria fu costituito negli anni 80 perché la Costituzione aveva sancito nell’articolo 21 il diritto alla libera manifestazione del pensiero, ma fu costituito perché in un paese che fa della democrazia il suo obiettivo non possono mancare le voci libere. Dalle comode poltrone del Governo si parla di tagli all’editoria perché si deve far quadrare il bilancio, si devono tagliare spese inutili. Molti giornali saranno costretti a chiudere, piccole voci locali, pezzi di realtà sociali scompariranno. Allora sì che Siani sarà morto invano. E la camorra avrà vinto.

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