Una nuova stagione di intervento pubblico nell’editoria, per il sostegno ed il rilancio di un comparto che sta attraversando una pesantissima crisi, sull’onda delle tumultuose trasformazioni tecnologiche che hanno completamente rivoluzionato l’informazione. Ma anche la riaffermazione del principio costituzionale del diritto ad una libera e plurale informazione dei cittadini, come elemento essenziale dello stato democratico. Sono queste le istanze che giungono dal convegno organizzato ieri a Palazzo Madama dall’Uspi (Unione stampa periodica italiana) che si è interrogato sulle “Nuove strategie per il rilancio del settore dell’editoria”. E che con l’arrivo del nuovo governo Pd-M5S, sembra voler girare drasticamente pagina rispetto all’impostazione del precedente esecutivo.
“Ritenere, come è stato fatto nel recente passato, che debba essere solo il mercato a regolamentare il mondo dell’informazione, è stato un vero errore storico – ha dichiarato il presidente dell’Uspi, Saverio Vetere -. Se si vuole tutelare il pluralismo non è possibile lasciare che sia il mercato a decidere sulla sopravvivenza del settore. Vogliamo veramente credere che sia giusto per il sistema che chiuda una testata come il Manifesto o Radio radicale? E’ così che si tutela il pluralismo? Noi non accetteremo mai che lo Stato rinunci al suo ruolo. Riteniamo che sia lo Stato a dover da un lato regolamentare il comparto, ma contemporaneamente sostenere il settore. Una formula già sperimentata con successo nel passato, basti pensare alla legge 416 del 1981, una legge fondamentale per l’editoria”.
“Il ruolo attivo dello Stato non può e non deve essere frainteso con una forma di sostegno” ha rilanciato il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Verna, secondo cui la carta stampata “deve essere considerata un bene culturale”. Ne consegue un “obbligo attivo di intervento dello Stato che deriva dall’art.21 della Costituzione. Non sostegno, ma passo necessario per incarnare il diritto del cittadino ad essere correttamente informato e realizzare compiutamente la prescrizione costituzionale”.
Istanze che hanno tutte trovato positivo riscontro nelle parole del neo sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, Andrea Martella, che ha sottolineato la necessità di “preservare la qualità e l’espressione pluralistica” dell’informazione e garantito il suo impegno per la “continuità e la stabilità del sostegno pubblico attraverso la valorizzazione delle risorse statali per il fondo per il pluralismo”. “Servono misure – ha aggiunto – coordinate, capaci di sostenere le imprese nel loro percorso di innovazione e di incentivare la domanda di informazione di qualità. E’ giunto il momento di compiere le scelte politiche per offrire al sistema editoriale un quadro di misure aggiornato e funzionale” ha concluso.
Grande l’apprezzamento del presidente Uspi, che ha sottolineato l’importanza della condivisione dei principi espressi. “La tutela della libertà di stampa, del lavoro, la ricerca di soluzione per la crisi di una parte del settore e la regolamentazione dello sviluppo dell’editoria on line devono far riferimento a principi, a cominciare da quello dell’irrinunciabilità dell’intervento dello Stato. Ogni altra chiacchiera sui privilegi e sulle caste non ha senso. E’ chiacchiera e basta – ha detto -. Noi non dobbiamo più farci dire che c’è una casta di privilegiati, perchè non è così. E neppure che l’Ordine dei giornalisti non può più esistere perchè è un centro di privilegi. L’Ordine esiste perchè tutela i principi deontologici del lavoro giornalistico ed è determinante, basta pensare all’editoria digitale. Senza, il nostro sistema non ha più senso”. Vetere ha quindi sottolineato l’importanza della regolamentazione del settore. “La non regolamentazione ha permesso la nascita e la crescita di colossi nel settore dell’informazione, i cosiddetti Over the top. E ne sono padroni: il sistema dell’informazione non è libero perchè deve sottostare alle regole di una multinazionale”. In questo quadro Vetere ha poi ricordato che il settore dell’editoria assistita per quanto rilevante riguarda solo il 2,5% del complesso. “Quella che è in crisi è l’editoria imprenditoriale, è di quella che ci si dovrà occupare, capire come sostenere. C’è poi l’editoria on line, che è in grande crescita, ma che bisogna riportare entro un confine comune di regole, anche al fine di aprire il sistema dei contributi indiretti all’editoria a questo comparto”.(ansa)