La Fieg ha inviato l’ultimatum ad assorassegne: o firmate l’accordo come, dove e quando diciamo noi, o passiamo alle vie legali. Lotta epocale, quella, della Fieg contro le società di rassegne stampa, portatrici dei germi della crisi del settore, questa la teoria di quelli di Via Piemonte. Iniziative legislative in corso, una lobby è una sempre una lobby, il cappello è pure lui nobile, sempre lo stesso, il diritto d’autore, chiama l’avversario pirata e sei vincente. L’obiettivo, non dichiarato ma evidente, è google, trovare un modo per incastrare i grandi aggregatori, i grandi motori di ricerca: quelli dove gli editori pagano per essere posizionati per poi protestare perché gli utenti leggono gratis. Partire da una questione vecchia per arrivare ad una nuova frontiera. E poi c’è lo stile Fieg, impeccabile, rappresentiamo il 97 per cento delle testate quotidiane certificate Ads (associazione presieduta dalla Fieg) e l’ottantacinque per cento delle testate quotidiane iscritte al Roc (quell’enorme registro tenuto dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dove, non a caso, un precedente direttore generale della Fieg svernò per andare a fare il commissario). Insomma il settore è roba nostra, qua ce la cantiamo e ce la suoniamo noi, e se qualche migliaia di editori non sono iscritti alla Fieg, poca conta, peggio per loro, gli sfigati dietro la lavagna: la cultura del pluralismo in salsa italiota. Ma torniamo indietro, non perdiamo la bussola, a proposito di rassegne stampa. E’ storia vecchia che i grandi editori accusano le agenzie di rassegna stampa di fargli perdere copie, utilizzando in maniera parassitaria contenuti non propri; in parte è così, in parte no. Le rassegna stampa dovrebbero essere una cosa molto diversa da un giornale, il cliente compra il lavoro di selezione, non il contenuto. E per le copie perse, ve lo immaginate voi il direttore generale di una grande azienda o il dirigente di una pubblica amministrazione scartabellare cinquanta giornali per vedere se c’è qualcosa che lo interessa, che lo riguarda? Ma quel che conta è la pecunia e l’enorme danno che gli editori subiscono può essere recuperato, basta mettersi d’accordo, e poi i massimi sistemi possono andarsi a fare friggere, autore e diritti connessi compresi. Ma attenzione gli editori italiani, quelli grandi, a proclami son bravi, altro che, ed allora il reso maltolto finanzierà l’innovazione, l’uscita dalla crisi, nuove iniziative, l’olio sacro della ripresa dell’editoria sarà la fee che agenzie di rassegna stampa riconosceranno agli editori. Bene ma visto che qui siamo gente concreta passiamo ai numeri, a quelli veri. Quale è la posta in palio? L’accordo, sottoscritto da una sola associazione, la Fieg, ma che sia l’unica che conta lo dice lei stessa, ed un numero risicatissimo di società di rassegna stampa, prevede il riconoscimento a favore degli editori di una percentuale pari al quattro per cento dell’attività di agenzia stampa. Diventerà il sei e poi l’otto. Il tutto, chiaramente, gestito da una società della Fieg. Ma quanto fatturano le agenzie di rassegna stampa complessivamente? Circa 70 milioni di euro secondo la stima dell’associazione di categoria. Il che significa che tutto questo ragionamento vale meno di tre milioni di euro. Diventeranno sei, forse. Nulla al solo confronto del costo della ristrutturazione e delle casse integrazioni del gruppo l’Espresso. Quando si dice lavorare per il futuro.