A poche settimane dalla sentenza contro Google della Corte di Giustizia Europea del 13 maggio scorso, il più grande motore di ricerca ha annunciato, oggi, di aver messo sul web un modulo per chiedere la rimozione dei risultati del motore di ricerca che non si ritengono opportuni. “Per ottemperare alla recente decisione della Corte Europea, abbiamo reso disponibile un modulo web attraverso cui gli Europei possono chiedere la rimozione di risultati dal nostro motore di ricerca” fa sapere Google attraverso un suo portavoce.
“La decisione della Corte richiede a Google di prendere decisioni difficili in merito al diritto di un individuo all’oblio e al diritto del pubblico di accedere all’informazione. Stiamo creando un comitato consultivo di esperti che analizzi attentamente questi temi. Inoltre, nell’implementare questa decisione coopereremo con i Garanti della Privacy e altre autorità” aggiunge Google. Proprio oggi, in un’intervista al Financial Times, Larry Page, amministratore delegato del colosso delle ricerche on line, è intervenuto sull’argomento. Il “diritto all’oblio rischia di danneggiare la prossima generazione di start-up su Internet e di rafforzare la mano dei governi più repressivi che cercano di limitare le informazioni online” è la preoccupazione espressa da Page al Ft. “Credo – sottolinea Page – sia questione di fattori più generali che si devono valutare: non c’è modo di avere una soluzione perfetta. Ci sarà sempre qualche danno. Non si possono avere princìpi perfetti per tutto”. “Vorrei che fossimo stati più coinvolti in un vero e proprio dibattito in Europa. E’ una delle cose – rimarca ancora Page – che abbiamo imparato da questa vicenda, ma ci stiamo preparando a parlare direttamente con le persone”.
Il Comitato di esperti “sarà attivo presto”, forse già nelle prossime settimane, e “faremo andare avanti il dibattito” sul ‘diritto all’oblio’, una questione “molto complessa”. A riferirlo all’Adnkronos è un portavoce di Google, sottolineando che “all’interno del Comitato sono presenti nomi di grande spessore”. A quanto si apprende, quindi, nel Comitato istituito da Google siedono anche Frank La Rue, Relatore Speciale dell’Onu sulla promozione e la protezione del diritto alla libertà di opinione e di espressione, Peggy Valcke, docente di Giurisprudenza all’Università di Leuven, Jose Luis Piñar (former Spanish Dpa e attuale docente all’Università Ceu San Pablo di Madrid), Jimmy Wales di Wikipedia e Luciano Floridi, docente di Filosofia ed Etica dell’Informazione all’Università di Oxford.
“Sono felice di far parte del comitato consultivo internazionale istituito da Google per valutare le sfide etiche e giuridiche poste da Internet. Si tratta di un’iniziativa interessante, che probabilmente richiede una riflessione dura e piuttosto filosofica” afferma Floridi.
E intanto, in Italia, c’è chi canta vittoria per quella che si annuncia come una svolta epocale, in tema di privacy, sulla rete. Lui, a dire il vero, si sente un po’ come Davide che l’ha spuntata su Golia. L’ex senatore leghista Achille Ottaviani, primo sindaco leghista a Soave e secondo in Italia, di professione editore, aveva intentato una causa-denuncia contro Google nel 2011 chiedendo i danni perché tra le serp del motore, secondo quanto affermato dai legali di Ottaviani, veniva ripetuta un’autorizzazione a procedere per un fatto del lontano 1993 da cui era stato assolto con formula piena.
Ottaviani si era sentito danneggiato e attraverso gli studi legali Leopizzi di Lecce, Tombetti di Verona e Smith, Rogers & Partners di New York aveva contestato questo comportamento doloso che Google ripeteva da oltre vent’anni.
L’ex parlamentare con un passato da capogruppo in commissione vigilanza Rai oggi particolarmente soddisfatto. “Ho vinto la mia battaglia contro il colosso informatico – ha detto all’ANSA – ho sempre considerato questi motori di ricerca dei mostri informatici contro i quali è praticamente impossibile combattere ma invece ho avuto ragione”.