La percentuale di diffusione del giornale

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Il comma 2 dell’articolo 1 del decreto legge 18 maggio 2012, n. 63, convertito con modificazioni dalla legge 16 luglio 2012, n. 103 ha introdotto una sostanziale modifica al regime del rapporto tra copie tirate e copie vendute.
Anzitutto, si deve rilevare che il nuovo rapporto si applica a tutte le imprese editrici che chiedono di accedere ai contributi diretti all’editoria, fatta eccezione per quelle imprese di testate organo di movimento politico. Il secondo elemento di importante novità è che mentre in precedenza il rapporto andava fatto tra copie tirate, ossia stampate, e copie vendute, attraverso qualsiasi canale, con la nuova norma il rapporto va fatto tra copie diffuse attraverso il canale delle edicole o per abbonamento e quelle effettivamente vendute all’interno degli stessi canali. E’ una modifica sostanziale, in quanto – mentre in precedenza una quota del contributo, quella variabile, veniva calcolata in base alle tirature – l’attuale sistema prende come unico elemento di riferimento solo le copie effettivamente vendute.
Nello specifico, secondo la nuova norma per accedere ai contributi è necessario, fermo rimanendo il possesso di tutti gli altri requisiti previsti dalla legge, che la testata sia venduta in un rapporto pari ad almeno il 25 per cento delle copie diffuse per le testate nazionali ed almeno il 35 per cento per quelle locali.
Con la nuova disciplina, il legislatore ha, finalmente, introdotto una definizione di testata nazionale e locale, in linea con la reale struttura del sistema distributivo e tenendo conto della composizione demografica, molto eterogenea delle regioni nel nostro Paese. Per testate nazionali si intendono quelle che distribuiscono in almeno tre regioni con una percentuale di distribuzione non inferiore al cinque per cento di quella totale per ogni regione. In altri termini, non solo è necessario distribuire il giornale in almeno tre regioni, ma è necessario che in ognuna delle regioni ci sia una diffusione significativa rispetto a quella complessiva. In questo modo si è provveduto, in maniera razionale, ad evitare l’elusione della norma attraverso la copertura delle varie regioni con poche copie.
Molto più complessa è, invece, l’analisi dei concetti di distribuzione e di venduto previste dal comma. Per copie distribuite si intendono quelle poste in vendita in edicola o presso punti di vendita non esclusivi e quelle distribuite in abbonamento a titolo oneroso. In altri termini, vengono prese in considerazione, ai fini dell’individuazione del denominatore, esclusivamente quelle distribuite attraverso il canale della distribuzione tradizionale e postale.
Tornando al tema delle copie valide ai fini della determinazione del rapporto tra distribuito e venduto, mentre la definizione positiva appare chiara e, probabilmente, era sufficiente a creare un contesto di certezze, sono state affiancate alcune limitazioni che creano diversi problemi di natura interpretativa. Infatti, la norma prevede l’esclusione delle copie diffuse e vendute tramite strillonaggio. Si tratta di una limitazione di una fattispecie, comunque, non contemplata nella definizione positiva e, pertanto, inutile. Inoltre, sono escluse dal calcolo le copie per le quali non è determinabile il prezzo di vendita. Questa norma è piuttosto insidiosa dal punto di vista delle possibili implicazioni, in quanto potrebbe aprire lo spazio ad interpretazioni restrittive relative al prezzo dei giornali venduti in abbinamento con altri prodotti editoriali. Infine, l’ultima parte del comma prevede per gli abbonamenti stipulati contestualmente al versamento delle quote associative, che la volontà venga esattamente esplicitata attraverso una doppia opzione riservata all’associando. Anche questo è un punto delicato, in quanto appare evidente la difficoltà di inquadrare con esattezza la fattispecie in quanto nella prassi è molto diffusa l’ipotesi in cui le associazioni acquistino direttamente le copie per inviarle ai propri associati, con un sistema che pur apparendo elusivo della norma risponde, in realtà, a criteri di semplificazione delle attività delle associazioni che nulla hanno a che vedere con la legge sull’editoria.
In relazione alla distribuzione, per esplicita previsione normativa, è necessario che la stessa avvenga ricorrendo a società esterne, non controllate né collegate all’impresa editrice. La norma impone, quindi, di ricorrere a soggetti esterni per cui le imprese non possono rifornire direttamente le edicole.

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